Il 150esimo Anniversario dell’Unità d’Italia sta avendo come benefico “effetto collaterale” la riscoperta della nostra Storia, quella con la S maiuscola, di quando insomma non eravamo una sola cosa ma tanti staterelli e prima ancora tanti regni ed imperi.
E poi, l’ottica nazionale, quando non globale, non fa mai necessariamente a pugni con la vision locale.
Il libro di Mariano Lanza dal titolo Il tesoro di re Ruggero, con prefazione di Pasquale Hamel ed edito da Edizioni La Zisa, pagg. 320, euro 19,50, nasce e s’inserisce in questa rinnovata voglia di Storia e di percorso all’indietro, verso le origini.
Tante sono le leggende nate intorno alla figura di Ruggero II. Il controverso ed autodidatta archeologo David Hatcher Childress, nel suo libro “Pirates & The Lost Templar Fleet”, tradotto in italiano come La flotta perduta dei Templari ha avanzato l’ipotesi che il termine Jolly Roger facesse riferimento ad un Ruggero: Ruggero II. Nel libro afferma che Ruggero era un famoso seguace dei cavalieri del Tempio e che ebbe una disputa col Papa in seguito alla conquista della Puglia e di Salerno nel 1127. Childress dichiara che, molti anni dopo lo scioglimento dell'ordine Templare, una flotta di seguaci dell'Ordine si separò in quattro unità indipendenti e si diete alla pirateria, bersagliando le navi amiche di Roma. La bandiera quindi era una eredità, e le sue ossa incrociate rappresentavano un chiaro riferimento al logo templare della croce rossa con le estremità ingrossate. Sarà vero? Ogni volta che vedremo il simbolo dei pirati, ormai conosciuto in tutto il mondo, ci dovremo ricordare che trattasi di un omaggio al colto re Ruggero II? Siamo nel campo delle leggende, mentre il libro di Mariano Lanza tratteggia il Ruggero II storico, l’uomo che fece della Sicilia un regno.
Il romanzo di Mariano Lanza si inserisce nel recente rinnovato interesse per la storia del normanno Regno di Sicilia, della sua leggendaria edificazione, dei traguardi notevoli raggiunti specialmente sotto lo scettro di Ruggero II, e del suo drammatico e repentino tracollo di fronte all’avanzare delle truppe germaniche di Enrico di Hohenstaufen. Proprio a questa ultima fase si collega, tra fantasia e realtà storica, il lavoro in questione. L’Autore, con le dovute licenze consentite ad un’opera di invenzione che tratti eventi realmente accaduti, offre una sua personalissima interpretazione della fine di quella che resta, nell’età medievale, una delle più riuscite e moderne esperienze di governo, sulla quale gli storici, anche per la mancanza di fonti certe, sono ancora lontani dal proporre chiavi di lettura più che soddisfacenti. Il lavoro di Mariano Lanza, dunque, può essere letto come un romanzo e, per la sua accurata ricostruzione degli ambienti, dei fatti e degli uomini, come un saggio di storia. Godibile nell’un caso e nell’altro, al pari della migliore produzione letteraria di Luigi Natoli, il grande Maestro del romanzo storico siciliano.
Mariano Lanza (Marsala, 1961), docente di ruolo di Lingua e Civiltà Inglese nelle scuole superiori, ha pubblicato: “Pagine di vita palermitana” (Palermo, 2000) e “La baronia di Solanto” (Palermo, 2011).
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Massimo Bencivenga |